mercoledì 2 marzo 2016

le alte torri #34


Il cemento lungo le strade stava diventando liquido, a piccole onde si muoveva verso di me, ero immobile, tappeti di foglie gialle su cui affondare, ai bordi dei marciapiedi l’acqua che cadeva dal cielo rosso creava mulinelli e bolle che gorgogliavano con odore di zolfo, Papa stava ridendo, lo vedevo, su una delle alte torri bianche, lo osservavo a centinaia di metri di distanza, il mio sguardo poteva arrivare ovunque, le sue parole magiche stavano trasformando il paesaggio, la realtà sembrava obbedire ai suoi canti, l’asfalto era ondulato, scivoloso, ci misi un piede sopra e venni trasportato lungo le vie del quartiere, le foglie morte, sospinte da un vento purpureo, mi giravano intorno, in vortici onirici, il loro turbinare divenne sempre più forte e mi ritrovai in aria, innalzato, sospinto, fino ad arrivare su una della alte torri, Papa mi stava aspettando, le foglie finirono di girare e io posai i piedi sulla pietra e loro caddero verso il basso, come scintille di tramonti e si persero nell’acqua e nel cemento e tra i rifiuti e gli echi degli addii degli amanti - un giorno, un giorno molto lontano, ci siamo parlati all’interno di una tavola calda, era la prima volta in quattro anni, nessuno dei due poteva sapere che sarebbe stata anche l’ultima - l’apocalisse sta arrivando, disse Papa sottovoce, le cose, molte cose stanno per cambiare. Lo guardai, i suoi occhi vorticavano.

Possano i tuoi canti salutare ogni nuovo giorno.
Possano le mie preghiere essere sabbia nel deserto.
Possa l’amore fiorire ancora.


L’orizzonte sbocciò in corolle d’incanto. 

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