lunedì 7 marzo 2016

Anna

I colori erano intensi, brillanti, decine di tonalità diverse di verde, intorno, nei prati, sugli alberi, mentre camminavamo su una pista ciclabile, pitturata di arancione, sentivo il suo corpo vicino al mio, sotto l’ombrello, quando ha iniziato a piovere e poi a grandinare. Non abbiamo parlato molto e ogni tanto quando giravo la testa per guardarla, mi accorgevo che i suoi occhi vibravano, i colori dell’iride avevano centinaia di sfumature e potevo vedere la sua anima e il riflesso della mia e non credevo che fossi arrivato così in profondità dentro di lei e questa scoperta, questa consapevolezza è stata stupenda.

Pioveva forte e noi camminavamo piano, vicini, come se intorno non ci fosse più nulla, anche se ogni particolare su cui posavo lo sguardo era nitido e reale, la sua presenza era così concreta, tangibile, mi fermavo, ci guardavamo, poi erano sorrisi e di nuovo silenzi.

Non ci incontravamo da oltre tre anni e il tempo un’ennesima volta si era annullato, eravamo tornati da dove avevamo iniziato la nostra passeggiata, aveva smesso di piovere e ci siamo fermati davanti ad una panchina di legno, lei doveva andare a casa e poi a prendere sua figlia, era il momento di salutarsi, adesso eravamo uno di fronte all’altra, non c’erano più vie di fuga, solo il suo sguardo, il suo amore, la sua meraviglia.

Cosa devo dirti? – mi ha chiesto.

Nulla – le ho risposto – vedo tutto nei tuoi occhi.

L’ho baciata con delicatezza sulle labbra, ci siamo abbracciati, l’ho baciata un’altra volta, l’ultima.


Era un addio, il più dolce e doloroso che ci potessimo dare.

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