giovedì 3 marzo 2016

De Wallen

Uno sguardo. Una porta che si apre. Delle scale, la seguo mentre mi cammina davanti, il suo culo si muove ondeggiando, piano. Arriviamo in una stanza, luci bluastre, un letto nero, sfumature rosse sulle pareti, dove sono appesi degli strumenti, delle maschere, degli oggetti di gomma. Lei sorride, ha i capelli di rame e un tatuaggio giapponese sulla spalla destra. Un corsetto le sorregge il seno e porta dei pantaloni di pelle, neri. Parliamo.

Mi spoglio nudo. Lei si siede sul letto, incrociando le gambe. Mi inginocchio davanti a lei, la fronte che tocca il pavimento. Lei sfiora con la punta di una scarpa la mia testa, la alzo e inizio a baciarle la scarpa. Piano, gentilmente. Lei mi dice di toglierla, la sfilo con delicatezza e poi la poggio sul pavimento, senza fare rumore. Il buio ci accoglie, sfumature notturne si muovono nella mente. Inizio a baciarle i piedi, lei mi colpisce le natiche con la punta di un frustino, i colpi arrivano precisi, comincio ad avere un’erezione.

Sulle mie ginocchia, il cazzo duro, lei ancora seduta. I piedi giocano con i miei coglioni, la guardo, i nostri occhi si incontrano.

Sono sdraiato sul letto, mi ha legato i polsi, lei si siede sopra di me, iniziando a strusciarsi sul mio stomaco, la punta del cazzo le sbatte contro i pantaloni, il contatto è molto eccitante, lei sorride, poi si sposta tra le mie gambe, prende un laccio e mi lega i coglioni, li sento gonfi, pieni, pulsanti, li accarezza, sento le punte delle unghie danzare sulla pelle tesa, i brividi corrono lungo la colonna vertebrale, chiudo gli occhi, mi sento leggero, consapevole, vivo. Lei infila un profilattico sul mio cazzo duro, poi un secondo. E’ come avere un fallo di gomma tra le gambe, mentre lo stringe, sempre più forte. Do you like it? Yes, I like it very much. Riesco a dire solo semplici parole, perché le parole sono superflue. Lei dà qualche schiaffo sull’asta del cazzo. Le sorrido. Siamo in contatto. Le nostre menti sono connesse. Ci capiamo alla perfezione.

Si diverte ad eccitarmi, gioca con i capezzoli, li tira, li solletica, poi ci aggancia delle mollette di metallo. Il dolore improvviso me lo fa diventare ancora più duro.

Sono con gli occhi aperti. Lei mi guarda dentro l’anima e continua a ripetere – Your eyes, yuor eyes… are amazing. La libertà si scioglie in tutto il mio corpo, inizio a galleggiare, nelle vene, nel sangue, nella pelle, nel cuore, nei respiri. Sono presente in ogni attimo che sto vivendo, eppure non esiste nulla oltre le sensazioni che sto provando, non so dove mi trovo, se sono ancora nella stanza in cui sono salito prima o se mi sono spostato in un’altra dimensione, in un altro spazio.

Sento la sborra risalirmi lungo l’asta, lei se ne accorge e si ferma. Sicura. Sorridendo.

Sono di nuovo in ginocchio davanti a lei. Mi dice che devo masturbarmi sui suoi piedi. Inizio a toccarmi il cazzo. Sento che sto per venire. Lei dice di fermarmi. Di trattenermi. Continuiamo questo gioco. Poi lei sussurra con voce calma che conterà fino a tre. E io dovrò venire. C’è un flusso che ci unisce, che mi trasporta attraverso i suoi ordini in un luogo in cui non esistiamo più come entità divise ma come un’unica essenza, maschile e femminile si annullano, chi ordina e chi obbedisce sono la stessa persona.

Three – la sborra esce fuori dalla punta del mio cazzo senza che me ne accorga, il senso di liberazione, quello di perdita, un attimo di freddo, un’intuizione di morte, una scintilla infinita di gioia e in questi momenti eterni lei fa un gesto di una dolcezza che non dimenticherò mai, si avvicina verso di me, nel momento in cui sono più indifeso, puro, vulnerabile e posa delicatamente le sue labbra sulle mie, il tempo scompare e nel mio cuore fioriscono i petali di emozioni senza nome.



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