venerdì 5 agosto 2016

Bristol #16




I giorni non avevano più nome e mi accoglievano con le prime luci dell’alba, cercavo di attraversarli senza troppi pensieri, misurando il tempo in attimi ma qualcosa finiva sempre per distogliere la mia attenzione da quello che avevo davanti: i ricordi, i sogni, le voci nella mente, le misere preoccupazioni, le inutili aspettative. Anche le persone continuavano ad avvicinarsi troppo e io sapevo, dentro di me, che non le avrei lasciate entrare, ancora non ero pronto, ancora gli echi del passato mi raccontavano storie che non avevo più voglia di ascoltare. Poi c’erano i corpi delle giovani ragazze che mi attraevano e che non volevo toccare, mi bastava sentire la loro presenza accanto alla mia, i capelli che mi sfioravano, il fugace contatto delle loro braccia, brevi istanti in cui era la pelle a parlare e in ognuna di loro c’eri anche tu ed era strano quanto fossi diventata irreale, ora che ero venuto nel tuo mondo, cercando di imparare una lingua che mi scivolava nel cervello, senza rimanerci, senza modificarne i movimenti. Avevo solo bisogno di andare avanti, senza portare nulla con me. Nelle città le cose mi sembravano troppo simili a quelle che mi ero lasciato dietro e i soldi, il lavoro, le bocche fameliche e lampeggianti dei bancomat continuavano ad impaurirmi mentre gli alberi mi colmavano di serenità, dovevo distaccarmi un po’ alla volta, spostarmi verso luoghi più remoti, solitari e sperduti, così come era la mia anima, quando respirava e le lasciavo spazio e tempo per espandersi e crescere e le parole, ancora loro, scritte su un foglio, così intime e familiari, così capaci di esprimere quello che veramente provavo e i treni in arrivo alla stazione, una panchina di legno, uno zaino e una valigia, gli avvisi e i gabbiani che regnavano incontrastati nei loro mondi di onde e spazzatura e le nuvole dipinte nel cielo, il richiamo del mare, i saluti che ero stanco di fare, gli sguardi oltre la vista, gli occhi di Pete, quando per brevi secondi ci eravamo guardati dentro e ci eravamo riconosciuti, nulla era più importante di questa intimità, così reale e stupenda, che non aveva bisogno di nessuna parola e di nessuna lingua per essere espressa.  

2 commenti:

  1. Ciao Emiliano, da cosa stai scappando? Da un passato doloroso, da un presente che non ti appartiene o dai tuoi dubbi e dalle tue paure?
    Scusami, non so se è una domanda troppo personale...

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  2. Non credo di stare scappando da nulla, sto solo cercando di andare avanti con una vita che neanche sapevo potesse esistere e sono contento di aver lasciato quella che avevo prima. E' un viaggio di conoscenza e spero anche di liberazione. Ma non è facile, perché il vuoto della mente e del cuore è qualcosa che ha bisogno di una disciplina per essere raggiunto. Concentrarsi sul presente, questo è un esercizio che cerco di fare giorno dopo giorno. Mi piacerebbe sapere chi sei.

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freewheelin' #82

  Le notti diventavano più brevi e il sonno si popolava di sogni e fra le loro storie c’eri anche tu, il tuo volto e il tuo corpo ma non i t...