cortili
nascosti, spazi segreti, entrate buie, rifugi oscuri lungo le strade
abbaglianti, l’ombra viene risucchiata, si ritrova prigioniera, oscilla nei
riflessi delle candele, le mani guantate che iniziano le loro ispezioni –
strisci attraverso stretti passaggi, nelle venature pulsanti dei muri di
mattoni, sulla superficie verdognola e increspata di un canale, si irradia la
tua essenza in migliaia di scintille – torni seduto, le dita fredde intorno
alla penna, i contatti psichici con degli sconosciuti, la notte prima, i corpi
si muovevano senza controllo, le labbra invitanti di una ragazza ubriaca,
pensieri rinchiusi dentro cunicoli femminili, caldi e molli, membrane di medusa
che accarezzano la mente, improvvise scosse, intuizioni e orgasmi ancora
possibili, quelle parole mi lasciavano indifferente, le lunghe conversazioni
visive, invece, mi rapivano, parlare solamente con gli occhi, l’erotismo delle
pupille che si contraggono ed espandono, l’iride che vibra in centinaia di
sfumature – nel cortile abbandonato di un palazzo aspettavo un uomo vestito di
pelle nera, attendevo le sue sostanze, ero seduto e fumavo una sigaretta, i
suoni erano molto dettagliati, mi concentravo su di loro, li separavo, li rimodellavo
in creazioni uditive, una voce rallentata, il primo piano delle lenti scure dei
suoi occhiali, il mio braccio destro, piano, che si alza, istanti che si
illuminano a giorno, un sospiro, un profumo di morte floreale – attraverso di
notte görlitzer park, lungo un sentiero tra delle siepi, panchine di marmo e
antiche colonne, cammino lentamente, gli uomini neri mi offrono delle sostanze,
you are walking so slow, dice
un’ombra ad un’altra – fermo davanti al kino international, le proiezioni
notturne, lei che arriva con degli stivali marroni e una lunga giacca che si
ferma poco sopra il ginocchio, dentro al cinema, la mia mano tra le sue cosce, il contatto delle
calze umide e bagnate, mi chiede se il film non mi interessa, le inizio a
leccare un orecchio, masturbandola con delicatezza, qualcuno fuma nella sala, i
fasci di luce attraversano il buio – intorno ad alexander platz, la prima
notte, non riesco a ricordarmi come tornare alla mia stanza, le mani in tasca,
i profili massicci e minacciosi degli edifici di regime, le spie travestite,
con i tacchi alti e il cazzo duro nelle mutandine da donna, le pareti viola, i
suoi capelli come corde, i suoi occhi come catene.
giovedì 14 aprile 2016
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