sabato 9 aprile 2016

Roma #7


Pioveva. Ero seduto sotto una pensilina, aspettando il tram. Il cielo era viola, graffiato da ombre di un blu elettrico, la pioggia arrivava obliqua, tagliando l’aria. Sopra di me si annodavano delle strade, gli alti pilastri di cemento, colonne di un tempio pagano, piccole alcove di metallo assumevano fisionomie demoniache, lampi di luce che abbagliavano la mente, poi nuove oscurità e il vento che trascinava la sporcizia della strada in brevi vortici improvvisi, la facciata di un palazzo era coperta da un enorme telo pubblicitario, l’aria lo gonfiava, movimenti ondulati sulla sua superficie, altre persone, vicino a me, stavano aspettando il tram, parlavano, le loro voci svanivano nell’attesa, le luci dei lampioni, arancioni, si accendevano a intermittenza, in un linguaggio cifrato che non riuscivo a comprendere, un padre con il figlio si raccontavano le stesse bugie di sempre, respiravo piano, calmo, il tram non arrivava, i fili elettrici vibravano in una musica notturna, in una danza di oscillazioni future.

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