mercoledì 6 aprile 2016

freewheelin' #30

le mignotte grasse, sulle sedie di plastica bianca, i chili di carne sudata che fuggono dai ridicoli vestiti estivi, quale dio perverso aveva potuto concepire un tale diabolico e osceno meccanismo? c’era la fregna e la voglia di fregna e quando questa arrivava l’uomo si dimenticava di tutto e si sarebbe pure buttato tra quelle cosce luride e sudate pur di soddisfarla, quella voglia, non la fregna della mignotta, che naturalmente non gliene poteva fregare niente a nessuno - avrebbero potuto inventare dei buchi su un muro che simulasserro il risucchio di una vagina o di una bocca, sarebbe stato molto più economico, semplice e sicuro. Un ragazzo e una ragazza si erano seduti vicino a me, su una spiaggia altrimenti deserta, il solito pensiero, di tanto spazio che c’era proprio qui si dovevano mettere? Stavo prendendo un po’ di sole e lasciavo la mente libera, i due hanno iniziato subito i loro spettacolini di giovane coppia, non che mi interessassero però ce li avevo davanti e ogni tanto l’occhio ce lo buttavo, lei era pure carina, magari qualcosina l’avrebbe fatta vedere, un seno, un piede, ma niente, si sono accesi la solita sigaretta, tutte e due, poi distesi, lei sulla pancia di lui, manco una volta il cazzo gli ha toccato la santa, poi la breve litigata per qualcosa che riguardava il cellulare di lui, che il ragazzo guardava un minuto si e uno no, poi lei si è alzata, sul punto di andarsene, meno male ho sospirato e invece niente, si è riseduta, allora si è alzato lui, si è tolto la maglietta, fisico asciutto, un paio di volte in palestra a settimana e si è avvicinato al bagnasciuga, cellulare in mano, lei si è accesa un’altra sigaretta, ho preso un libro e mi sono messo a leggere. Poi è arrivato un uomo con tutto l’armamentario per pescare, ha preparato la sua roba, ha aperto una sedia da campeggio, ha sistemato le canne, si è acceso una sigaretta, che se non si fuma non si dà l’impressione di essere rilassati, poi si è seduto e quando me ne sono andato non aveva preso manco un pesce.


Le case e le palme nane, i pini con i rami che si intrecciano per farti impazzire, i muri scrostati e la salsedine, l’aria del mare e una cazzo di tosse che non riuscivo a farmi passare, le ricette per la codeina e le dolci discese nelle maree del sonno, le siringhe sotto la sabbia, le piccole conchiglie coniche, la pelle levigata di un albero, bianca ed esotica, due vecchi hippy che camminano con i loro zaini e i vestiti colorati, le immagini senza ordine dei ricordi, di tutte le volte che sono stato in questi posti, le persone con cui ci sono stato, il porto, orrendo stupro commerciale, le ombre che ci camminano, pochi passi e torno indietro, le scintille sulla sabbia, il calore sul viso e l’odore della crema solare, non ci sono vele all’orizzonte, non ci sono nubi, la mente splende, il respiro del mare nelle orecchie, ogni volta che abbiamo deciso di partire, solo perché qualcuno sentisse la nostra mancanza.

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