venerdì 8 aprile 2016

hartoderherzlich #1

lei apre la porta e mi lascia entrare, seguo le linee della sua schiena e del culo, poi si gira, mi sorride, ci guardiamo negli occhi, i suoi sono azzurri, mi invita a sedermi su uno sgabello, parliamo in inglese, do you want a glass of water? yes thank you, si allontana in un’altra camera, mi tolgo la giacca e mi siedo, mi guardo intorno, gli specchi, il letto, gli strumenti, la stanza dei giochi è accogliente, pulita, mi sento a mio agio, tranquillo.

Lei torna, mi porge gentilmente il bicchiere d’acqua, bevo un sorso, la guardo mentre si siede, le guardo le gambe, fasciate da calze nere a righe, poi mi concentro sui suoi occhi, sento l’energia sessuale muoversi alla base dei coglioni, un serpente che striscia, prigioniero, velenoso, feroce, sono quasi venti giorni che lo sento agitarsi – le immagini della mente, a volte, sono così reali e nitide che è molto difficile non masturbarsi e venire, liberarsi dai quei morsi, esplodere nella bianca estasi, è un esercizio, una prova, una disciplina e un’esplorazione, mi spingo verso i miei limiti, i confini inesplorati della mia sessualità, quell’energia trattenuta è fuoco che brucia, la mente crea immagini, discorsi, situazioni incentrate sul sesso, potrei usare quell’energia in altri modi, non ora, non adesso, la creazione artistica, la scrittura sono lontane, fuori da questa stanza – lei mi scruta dentro, con dolcezza, mi chiede quali sono le mie fantasie, le cose che mi eccitano, quelle che voglio fare con lei, è molto sicura di sé, sento che posso fidarmi, abbandonarmi, le racconto tutto. Il dolore fisico, ai capezzoli, al cazzo, ai coglioni, essere legato, essere eccitato senza avere il permesso di venire, i piedi, i suoi piedi, leccarli. Lei sorride, io anche, ci capiamo, entriamo in sintonia, l’energia inizia a fluire verso di lei, la sento crescere dentro, partire dai coglioni e salire nel cazzo, arrivare alla bocca dello stomaco, espandersi nel corpo, non ho paura, non ho nessuna paura, sono consapevole, padrone di me stesso, presente in ogni secondo.

Get naked, dice piano, lo faccio con lentezza, senza nessun imbarazzo, sono movimenti liberatori, mi piace spogliarmi davanti ad una donna, soprattutto se non la conosco, poso con calma i vestiti sulla sgabello, ordinati, lei mi osserva, sorridente, la guardo negli occhi, sorridendo anche io.


Mi porta davanti ad un grande specchio, mi fa alzare le braccia e mi allaccia dei bracciali di cuoio intorno ai polsi, fa passare le piccole cinghie nelle loro fibbie di metallo e le stringe in modo che i polsi non possano scivolare fuori, poi si allontana, la osservo nello specchio, le guardo il culo, chiuso in una gonna corta, spinge un bottone e sento un rumore meccanico, le mie braccia vengono tirate verso l’alto, fino a quando non riesco a poggiare perfettamente le piante dei piedi sul pavimento e devo rimanere sulle punte delle dita, spinge di nuovo il bottone e il rumore finisce, rimango così, il mio corpo teso, nudo, completamente a sua disposizione.

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