domenica 3 luglio 2016

homesick #51

Venivano ancora a trovarmi ricordi, linee, forme, colori ed essenze, paesaggi mentali, immagini in movimento – estasi solitarie e bagni di luce, sfere bianche negli occhi, riflessi dorati di onde in lontananza, spazi interiori nei quali muoversi, non sarebbero durati molto, la cosa migliore era immergersi in quelle aperture di quiete luminosa, sdraiarsi, se possibile, e attendere. 

I lunedì al sole, sulle panchine, le prime bottiglie di birra, qualcosa sarebbe successo, qualcosa succedeva sempre, aspettavamo, pieni di preoccupazioni, i cambiamenti inevitabili della vita, molti di noi non erano pronti, erano impauriti, di perdere quello che avevano ottenuto, come se veramente potessimo tenere qualcosa fra le mani, proteggerla, amarla, come se ancora non avessimo capito che ci sarebbe stata sempre la polvere, pronta ad arrivare, a ricoprire, a cancellare, che le crepe diventavano giorno dopo giorno sempre più visibili, fino ad una inevitabile rottura, non ci si poteva fare nulla, anzi, prima ci si staccava, ci si allontanava, si lasciava che le cose seguissero il loro corso e prima sarebbe diminuita la sofferenza, quel buco nero che sembrava respirare insieme a noi, allargandosi e stringendosi, un oscuro abbraccio che avrebbe finito col soffocarci.

Le maschere indossate la mattina, sempre più brutte, anonime, inespressive, il loro peso, che spingeva le teste verso il basso, l’energia sprecata a recitare parti sbagliate, senza coraggio, passione, quelli che il copione se lo imparavano bene riuscivano pure a portarlo avanti lo spettacolo, mica si stancavano, passavano da una replica all’altra, impassibili, calati alla perfezione nel ruolo, ogni minima improvvisazione era stata eliminata, lenta e inesorabile ripetizione, qualche fischio, un paio di applausi, un ubriaco addormentato nelle ultime file, fa freddo nella sala, il sipario è mezzo strappato, accenni un inchino di ringraziamento, una vecchia puttana in prima fila sorride sdentata, allarga un po’ le cosce, il tanfo della sua fica e le luci che si spengono.

Soldi sul tavolino, messinscene di mezzora, saliva, strisce umide, qualche urlo, sudore, peli, spreco spreco spreco di tempo, vita, emozioni. Una risata, una grande, vera, immensa risata, in faccia a tutti, senza che nulla possa ancora, miseramente, toccarti.




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