lunedì 18 luglio 2016

le alte torri #52


Le immagini delle siringhe, sui marciapiedi, tra le macchine, gli aghi rotti o piegati. Era tornata l’eroina, i ragazzi arabi e africani la spacciavano nei loro quartieri, gli occhi liquidi, di notte, ad un angolo, le loro voci ti sussurravano promesse, una dose, due dosi, un assaggio, la scoperta di una divinità dorata, la sua esistenza in forma di polvere, le catene e la schiavitù, i volti folli dei miserabili storditi dalla luce bianca, il caldo schiacciava ogni cosa, togliendole profondità, nessuna prospettiva, tutto alla stessa distanza e per quanto gli idioti allungassero le loro mani sporche verso l’alto non potevano toccare nulla, fuggivano lontane le speranze e le possibilità, trascinarsi avanti, i vestiti stracciati, i cartoni su cui dormire, il riparo di una notte, sarebbe arrivato qualcuno a cacciarli via, prima o poi, a calci nel culo, che neanche le sentivano più le botte per quanto erano stanchi e deboli.

Mi sedevo spesso in piazzetta, i ragazzi arabi si avvicinavano, scherzavamo, alcuni erano ancora diffidenti, forse non mi riconoscevano, ero io, ero un altro, mi giravano intorno come cani, fiutandomi, cercando di capire se si potevano fidare (lo avevano già fatto prima?), i movimenti della roba (passava tra le loro mani?), sostanze, nuove sostanze, c’era il bisogno di inventare e far circolare nuove sostanze, creare nuove dipendenze, ne dovevo parlare con qualcuno (ancora?), chiedere a Pavel (dove era finito? Era mai esistito? Da quanto tempo non lo sentivo?) – non importava, forse non si sarebbe più messo in contatto con me, l’energia rossa pulsante nel cazzo, riuscivo a controllarla, la mattina era il momento più difficile. Correvo il rischio di disperderla, lenzuola come amanti, inondate di sborra, energia bianca – i volti scavati, distrutti dall’alcol, un uomo e una donna dell’Est, senza età, maschere tragiche, rughe millenarie, parlavano una strana lingua e lui ogni tanto cercava di abbracciarla, una pantomima d’amore etilico, l’alcol gli aveva distrutto il senso dell’equilibrio, barcollava, un marinaio alla deriva, nessun porto sicuro, nessun bordello con giovani puttane sorridenti ad attenderlo – qualcuno mi passa una siringa, l’ago entra nella vena, la luce bianca esplode ovunque, migliaia di soli illuminano l’abisso, le porte si chiudono, qualcuno sussurra a bassa voce - una dose, due dosi.

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