mercoledì 6 luglio 2016

homesick #53

Lasciarsi, mettersi insieme, c’era già chi iniziava da adolescente, a tentare di capire come funzionava, a provarci, a imitare, lasciarsi e mettersi insieme, cambiare persona, poi si cresceva e il gioco rimaneva lo stesso, c’era chi lo faceva per il sesso, chi per i sentimenti, il più delle volte era la mancanza assoluta di fantasia e di immaginazione, la verità più triste era però un’altra, la paura di rimanere da soli, i passaggi erano obbligati, con l’avanzare del tempo e dell’età, sposarsi, una famiglia, dei figli, forse non in questo ordine, la sostanza dei fatti non cambiava, a ognuno il suo ruolo, a ognuno la propria recita. 

Amici in comune, famiglie che si incontravano, vacanze, appartamenti, cene, viaggi, stanze, poi qualcosa si rompeva o più semplicemente le strade si separavano, si conoscevano altre persone, si aprivano nuove possibilità, le regole parlavano chiaro, non si potevano mischiare le cose, non si poteva amalgamare la vita, non si poteva amare più di una persona, non si poteva fottere più di una persona, le regole erano chiare, il gioco era fare finta di rispettarle, poi dietro, nel buio, nell’oscurità, ognuno faceva il cazzo che gli pareva. Lasciarsi, finivano le amicizie in comune, le famiglie si allontanavano, lasciarsi, semplicemente dire le parole non stiamo più insieme e allora tutto doveva cambiare, le regole erano chiare, non ci si sentiva più, si mettevano delle distanze e ci si perdeva, chi rimaneva nella gabbia troppo a lungo ci si abituava, aveva paura ad uscirne fuori, si invecchiava, faceva più freddo, la morte sarebbe arrivata, per molti era una cosa tremenda, per me la più naturale, l’avrei attesa in silenzio, calmo, seduto da qualche parte, possibilmente con nessuno intorno.

Era difficile fuggire da tutto questo, il prezzo era una scelta radicale, una separazione netta, non avevo neanche deciso io la strada da seguire, era lei che mi chiamava, giorno dopo giorno, anno dopo anno, la sofferenza era non ascoltare quella voce, la sofferenza era pensare che gli altri facessero bene, non per me, non per quelle melodie che sentivo nella mente, non per quel respiro che mi riempiva e mi colmava il petto, io sono lui, ripetevo, io sono lui, testimone di tutto, presente e vivo, io sono lui, la strada proseguiva, era così dolce adesso seguirla, quella voce mi accarezzava, quel respiro era una sorgente di vita, di amore e di gioia.


Le regole erano chiare. 


Semplicemente non erano mai state le mie.


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