eri appena uscita dal bagno. ero steso sul letto, nudo, a toccarmi
i coglioni. il sole entrava dalle finestre, fuori scorreva la rambla, con i
suoi colori, le voci, le risate, la vita. ti sei stesa accanto a me, hai tolto
l’accappatoio, hai socchiuso gli occhi e hai iniziato a baciarmi sul collo. mi
sono girato e ho incontrato le tue labbra, erano umide, dolci, sicure. ti
succhiavo le labbra, morbide, fino a fartele aprire, poi sono state le nostre
lingue a incontrarsi e a giocare e a scambiarsi saliva e sapori.
eri a gambe aperte davanti a me. avevo il cazzo duro. ti sono
entrato dentro in maniera semplice, naturale. toccarti aveva la stessa essenza
del profumo di un fiore, di una notte stellata, delle onde del mare, del vento
che attraversava gli spazi. abbiamo iniziato a scopare nella luce e nel bianco
delle lenzuola. le pareti risplendevano, il tuoi capelli erano ancora bagnati,
il tuo corpo aveva un buon odore, sentivo il cazzo che entrava e usciva, ti
sentivo gemere, sempre con gli occhi socchiusi, le labbra semi aperte, il
calore del tuo respiro dentro la mia bocca.
ti ho fatto venire, ti sei aggrappata alla mia schiena, le guance
sono diventate più rosse, il tuo volto aveva un’espressione bellissima,
qualcosa che solo in questi momenti poteva prendere forma, qualcosa di
misterioso e magico, semplice e irripetibile.
ti ho sborrato dentro la fica.
distesi sul letto continuavamo a galleggiare nella luce, non c’era
più tempo, altro a cui pensare che non fosse la stanza in cui eravamo, i nostri
corpi quieti, soddisfatti. posavi la testa sul mio petto. ti accarezzavo i
capelli.
alcuni pensano che il dolore sia un motivo sufficiente per odiare
e maledire la vita.
se solo sapessero che la grazia del mondo non è altro che un fiore
che vibra nel silenzio della notte.
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